LESSICO MURANESE

I maestri del vetro parlano tra loro in modo spesso incomprensibile per chi non conosce il gergo vetrario. Ogni fase del loro lavoro, ogni utensile, ogni tipologia di vetro ha un nome veneziano che si tramanda di padre in figlio fin dalla nascita della tradizione vetraria muranese.

Oggi, molti termini sono caduti in disuso, ma la maggior parte rimane tuttora utilizzata in fornace.Ā Questo piccolo dizionario vuole essere d’aiuto per comprendere a cosa si riferisce una certa parola.

APPLICAZIONI A CALDO

Tecnica molto usata a Murano consistente nell’applicazione, durante la lavorazione dell’oggetto, di fili, bordi, manici ecc. di varia foggia, colore e dimensione. Il risultato eĢ€ da considerarsi esteticamente valido quando tali applicazioni risultano regolari e precise.

AVVENTURINA

Pasta vitrea particolarmente pregiata, inventata dai vetrai muranesi nella prima metaĢ€ del XVII secolo e cosiĢ€ chiamata perché il suo ottenimento, anche per il piuĢ€ esperto vetraio, era incerto e difficile, era una ā€œavventuraā€. La preparazione della ā€œavventurinaā€ lunga e delicata, alla conclusione della quale si formano all’interno della massa vitrea piccoli cristalli di rame lamellari e lucenti (ā€œstelleā€, da cui il nome ā€œstellariaā€, con cui pure venne indicata in passato) eĢ€ sempre stata nel corso dei secoli segreto di pochi abili tecnici compositori. Viene estratta in blocchi dal forno, giaĢ€ lentamente raffreddato, e la sua rifusione puoĢ€ seriamente pregiudicare il suo caratteristico aspetto. Viene quindi tagliata a freddo al pari di una pietra dura o lavorata a caldo con particolari accorgimenti. L’avventurina normale trattata con rame ha un colore brunastro e con ā€œstelleā€, mentre una qualitaĢ€ ancora piuĢ€ pregiata (verderame) acquista una tonalitaĢ€ verdastra di ottimo effetto.

BALLOTTOĢ€N

Stampo in metallo con effetto a rilievi incrociati sul vetro. Lo stampo contiene all’interno delle ā€œpunteā€ a forma di piccola piramide a base quadrata che, nella soffiatura, danno per l’appunto un effetto di rilievo incrociato. Ricoprendo una péa (v.) stampata a ballottoĢ€n con una coperta (v.) di tipo sommerso (v.) si ottiene l’effetto bullicante o ā€œa bolleā€, consistente in una miriade di piccolissime bolle d’aria comprese tra due strati di vetro.

BOLLE (Bullicante)

Particolare effetto decorativo utilizzato nei vetri a grosso spessore e consistenteĀ in una miriade di ā€œbolleā€ , grandi o piccole, disposte a strati sovrapposti all’interno della parete vitrea. Si ottiene in due modi: nel primo rotolando il vetro in lavorazione su di un piano metallico munito di piccole ā€œpunteā€ cosicché, imprimendo una depressione sul vetro allo stato pastoso risulta con ā€œforiā€ che verranno successivamente ā€œricopertiā€ con un nuovo strato di vetro. Resta, quindi, ā€œimprigionataā€ una bolla d’aria vera e propria in corrispondenza di ciascun ā€œforoā€. Un secondo sistema consiste in uno stampo troncoconico munito all’interno di ā€œpunte ā€œ e nel quale viene soffiato il vetro che risulteraĢ€ ā€œ fratoā€ . Una successiva ricopertura in vetro trasparente faraĢ€ apparire le ā€œ bolleā€ stesse (v. anche BallottoĢ€n).

CANNE VITREE

Semilavorato consistente in una ā€œbacchettaā€ vitrea massiccia o forata e successivamente tagliata in segmenti di varia lunghezza. E’ giaĢ€ documentato nella vetraria muranese del XV secolo ove si parla del maestro ā€œcanérā€ (cannaio). La procedura esecutiva eĢ€ simile a quella per la produzione delle perle (v.) Le canne vengono usate oltre che per la produzione di conterie, delle ā€œperle a lumeā€ anche nella lavorazione in fornace accostando, p. e., le canne parallelamente o sezionandole e raccogliendole poi a caldo con vetro allo stato pastoso. (vedi anche ā€œmurrineā€).

COLORI IN FOĢ€GO

Locuzione ancora in uso a Murano e che sta ad indicare un vetro colorato in fusione mediante ossidi o sali minerali.

COTIZZO

(Cotizza o cotticcia, cioeĢ€ non del tutto cotta). Coacervo di grossi pezzi di vetro, usualmente della misura di ciottoli di fiume. Il cotizzo si ottiene anche gettando nelle conche (v.) il vetro fuso estratto dai crogioli, lasciandolo indi raffreddare. Il vetro, nel processo di raffreddamento, si contrae e si spezza in grossi pezzi. Il cotizzo, come rottame di vetro, viene spesso riusato quale catalizzatore nella miscela da vetro. Il Capitolare della Vetraria Muranese del 1766 parla di ā€œcotizzi in vetro e cristallo, che cosiĢ€ si chiama la massa informe del vetro che si cava dal vasoā€ (v. Mariegola).

CRISTALLO (Cristallo Veneziano)

Vetro incolore e terso, ottenuto per la prima volta attorno alla metà del XV secolo dal vetraio muranese Angelo Barovier, oltre che con la decolorazione mediante il manganese, già prima praticata, anche con la depurazione, cui veniva sottoposta la cenere fondente, e con speciali procedimenti applicati alla condotta della fusione. Il cristallo veneziano, di tipo sodico, è adatto, a differenza del più tardo cristallo boemo, alla potassa, ed inglese, al piombo, ad una lunga e complessa lavorazione manuale da parte del maestro vetraio.

FENIĢ€CIO

Tipo di decorazione ottenuta a caldo, applicando attorno alle pareti dei soffiati, dei fili vitrei, che poi vengono ā€œpettinatiā€ con uno speciale strumento, cosiĢ€ da ottenere dei festoni ripetuti. Questi, scaldati e soffiati ulteriormente, possono essere inglobati nella parete del vaso, che risulta cosiĢ€ liscia. Questa tecnica decorativa venne introdotta nelle vetrerie muranesi alla fine del XVI secolo o nel XVII secolo ma non sappiamo come allora venisse denominata. Il termine ā€œfenicioā€ venne adottato nella seconda metaĢ€ del XIX secolo per la presenza di simili decorazioni nei vetri pre-romani fenici ed egiziani, ma si usoĢ€ allora pure il termine ā€œgraffitoā€, (v. vetri ā€œpiumatiā€ e a ā€œpettineā€) poi abbandonato.

FILIGRANA

Raffinata tecnica decorativa a caldo, inventata a Murano nella prima metaĢ€ del XVI secolo. La complessa lavorazione dei soffiati a ā€œfiligranaā€ prevede l’utilizzo di bacchette di cristallo, precedentemente preparate con all’interno fili vitrei in ā€œlattimoā€ o colorati, lisci o a spirale. Si distinguono la filigrana a ā€œreticelloā€, con una delicata trama a rete all’interno della parete di cristallo; la filigrana a ā€œretortoliā€, a fili variamente ritorti a spirale, chiamata anche ā€œzanfiricoā€, dal nome dell’antiquario veneziano Antonio Sanquirico, che commissionoĢ€ nella prima metaĢ€ del XIX secolo numerose copie di vetri antichi fabbricati con questa tecnica. Negli ultimi decenni sono stati ideati a Murano nuovi originali tipi di filigrana. Viene chiamata ā€œmezza filigranaā€Ā la decorazione a canne parallele, a filo interno diretto, lavorata in modo tale che assume andamento diagonale. GiaĢ€ verso la metaĢ€ del XVI secolo, come ci informa la ā€œMariegola dei Fioleriā€ (v.), si lavorano vetri a ā€œredexelloā€ o a ā€œretortoliā€ (reticelloĀ e ritorti). La filigrana o reticello si ottiene mediante sottili canne in vetro con al loro interno fili di vetro opaco, generalmente bianco. Queste canne (simili a matite) vengono accostate le une alle altre su di una piastra refrattaria, quindi riscaldate al fuoco della fornace finché si fondono e si uniscono le une le altre. La ā€œpiastraā€ cosiĢ€ ottenuta viene successivamente ā€œavvoltaā€ attorno ad un cilindro di vetro trasparente e incandescente, cosicché risulteranno visibili i soli fili interni (bianchi o colorati). Si procede poi alla normale soffiatura e formatura degli oggetti vari (vasi, coppe ecc.). Nel caso delā€ reticelloā€ classico, l’operazione sopra descritta viene compiuta in due fasi successive e sempre a caldo finché i fili si incrociano tra loro: questa esecuzione richiede una notevole perizia tecnica ed un’elevata sensibilitaĢ€ artistica.

FOGLIA D'ORO E D'ARGENTO

Sottilissimo riquadro d’oro puro, di norma nelle misure di cm. 8Ɨ8 che viene ā€œraccoltoā€ dal vetro ancora allo stato pastoso nella fase iniziale di lavorazione. L’oro puoĢ€ essere poi ricoperto da un ulteriore strato vitreo trasparente. Se il vetro viene soffiato la ā€œfogliaā€ d’oro si frantuma in un suggestivo effetto di ā€œpulviscolo auratoā€.
I piuĢ€ antichi vetri muranesi a foglia d’oro che conosciamo risalgono alla seconda metaĢ€ del sec. XV. Nel XIX secolo si usa anche la foglia in argento che deve per altro essere ā€œricopertaā€ con altro strato di vetro onde evitare ossidazioni indesiderate.

GHIACCIO o CRAQUELE

Decorazione consistente in un’apparente crepatura della parete esterna di vetri soffiati, ottenuta immergendoli in acqua nel corso della lavorazione. La reazione che ne deriva, sorta di ā€œraggrinzimentoā€, produce appunto un effetto ā€œa ghiaccioā€. Tale lavorazione eĢ€ nota almeno dal XVIII secolo.

INCALMO

Difficile e tipica tecnica muranese consistente nella saldatura a caldo di due soffiati aperti, generalmente di colore diverso, lungo i loro due orli di uguale circonferenza, così da ottenere in uno stesso oggetto zone coloristiche differenziate.

INCAMICIATO

Vetro ricoperto di un sottile strato vitreo di diverso colore. Molto usato nel Novecento eĢ€, in sostanza, una variante del cd. ā€œvetro doubleĢ€ā€.

INCISIONE

L’incisione a punta di diamante venne introdotta a Murano per la prima volta da Vincenzo d’Angelo su specchi nel 1534 o 1535 e lo stesso Vincenzo ottenne nel 1549 un ā€œprivilegioā€ per l’incisione a punta di diamante su specchi e soffiati. Con la vetraria alla ā€œfaçon de Veniseā€ venne poi diffusa in tutta Europa, specialmenteĀ in Tirolo e nei Paesi Bassi. L’incisione con una ruotina di pietra abrasiva o metallo deriva dalla incisione delle pietre dure e venne applicata con splendidi risultati in Germania e Boemia nel sec. XVII. Alla fine di quel secolo venne introdotta anche a Venezia con l’arrivo di incisori tedeschi.

MACIE (maciètte, màcie fine)

Frammenti di vetro, in genere colorati, che, avvolti attorno ad un vetro bianco, conferiscono al medesimo il colore dei frammenti (di qui il termine macia = macchia). Maciette, macie fini = macchie ancora più fini.

MAESTRO

Termine recente che sta ad indicare l’operaio piuĢ€ abile della équipe dei vetrai d’arte e responsabile del buon funzionamento della piazza (v.). A lui di regola, il datore di lavoro delega una serie di poteri esecutivi nella piazza stessa. In antico era detto scagner (v.)

MORIĢ€SE 0 MORISÉTTE

Tipica decorazione muranese a forma ondulata, eseguita partendo da un filo di vetro caldo applicato su di una superficie e ā€œpizzicandoloā€ con le borselle di pissegaĢ€r (v.). In sostanza eĢ€ un cordoncino di vetro deposto e sagomato sull’oggetto in corso di lavoro e dal caratteristico andamento ondulato.

PAPAOĢ€R

Piccolo cilindro in vetro, spesso con bacinella sottostante, e in grado di sostenere una candela nei bracci dei lampadari o dei candelieri.

PEĢ€A

Detta anche pallina (v.). E’ la fase iniziale di un qualsiasi oggetto cavo in vetro. Etimologicamente significa ā€œperaā€ percheĢ€ di quel frutto ha la forma. Attaccata alla canna la peĢ€a viene marmorizzata (v.), magiossata (v.) all’occorrenza.

PIAZZA

Nella fornace classica muranese sta ad indicare squadra (da quattro a otto uomini) e tutto quanto eĢ€ necessario per produrre un oggetto. E’ in realtaĢ€ l’unitaĢ€ produttiva fondamentale e autonoma, in grado di eseguire un ā€œpezzoā€ dall’inizio alla completa realizzazione. Ne eĢ€ a capo il ā€œmaestroā€ che ha una sorta di responsabilitaĢ€ (e autori- taĢ€) delegata da parte della direzione aziendale.

PIUMAĢ€TI

Vetri con particolare decorazione, detta anche ā€œa pettineā€ o ā€œa penneā€ o anche ā€œgraffitoā€ e ā€œfenicioā€. Di origine antica, la decorazione fu usata dai Romani e, dal secolo XVI, dai veneziani.

PONTÉLLO

Canne di ferro massiccio, lunghe circa 140 cm. e del diametro tra i 10 e i 30 mm. con le quali si ā€œattaccaā€ un oggetto in fase di lavorazione. Il termine muranese passoĢ€ ben presto in Francia (pontil) e in Inghilterra (Punty).

PULEGOĢ€SO (dal termine gergale "púlega" = bollicina)

Vetro dalla superficie scabra, semi opaco o traslucido, formato da minutissime bollicine ottenute con particolari accorgimenti (bicarbonato di sodio, petrolio). Invenzione moderna, tipica degli anni Venti e attribuita a Napoleone Martinuzzi.

REDEXEĢ€LLO

Secondo notizie desunte dalla ā€œMariegolaā€ (statuto dell’arte) dei vetrai di Murano, verso la metaĢ€ del Cinquecento si lavoravano nelle fornaci dell’isola vetri soffiati sottili a ā€œredexelloā€, cosiĢ€ detti perché ricordavano la rete dei pescatori. Forse l’idea di questa tecnica eĢ€ proprio nata dall’osservazione di questo strumento di certo familiare a gente di mare come i veneziani. Si tratta di una esecuzione simile alla filigrana (v.) con canne tonde a filo interno bianco opaco ā€œgirateā€ in senso opposto tra loro e quindi ā€œincrociateā€ durante la lavorazione a caldo mediante una tecnica difficile e ardita. Le forme semplicissime consentono all’amatore di godere completamente e senza barriere formali questo straordinario ā€œtessuto di vetroā€.

RIGADIN

Sottili costolature ottenute con la soffiatura in uno stampo aperto di un vetro, il quale può venire sottoposto, ancora caldo, ad una torsione (rigadìn ritorto).

SBRUFFO

Si tratta di un ā€œsoffiataā€ di vetro molto sottile e di norma colorato che viene usato successivamente in sottili lamelle o scaglie per decorazione a caldo di oggetti vari.

SERVENTE

Nella gerarchia della piazza (v.) del vetro artistico è il primo aiutante del maestro e suo diretto collaboratore. Esplica mansioni di elevato contenuto tecnico e artistico ed è in grado, talvolta, di sostituire il maestro stesso.

SERVENTIĢ€N

Nella gerarchia del vetro artistico muranese è il terzo componente della piazza, dopo il maestro e il servente.

SOFFIATURA A BOCCA

Costituisce la tecnica vetraria ā€œclassicaā€ quando si vuole ottenere un oggetto cavo. La modellazione di un oggetto cavo viene effettuata dal ā€œmaestroā€ coadiuvato dai suoi aiutanti con l’uso della canna da soffio (v.) di ā€œborselleā€ (v.) e ā€œtagiantiā€ (v.). La soffiatura costituisce una delle invenzioni piuĢ€ rivoluzionarie nella tecnica vetraria eĀ la sua scoperta si fa risalire tra il I secolo a. C. e il 1 secolo d. C., forse in Siria. La soffiatura del vetro inventata nei centri vetrari del vicino Oriente mediterraneo ebbe larghissima applicazione nelle vetrarie romane, islamiche e veneziane. La soffiatura avviene oggi non solo manualmente come per il vetro d’arte ma anche con mac- chine automatiche.

SOFFIATURA A STAMPO

Tecnica manuale in uso tuttora a Murano e risalente sin dall’etaĢ€ romana. Consiste nella soffiatura di una ā€œpéaā€ (v.) in uno stampo che puoĢ€ essere costituito da due o tre parti incernierate. A Murano, di solito, in legno di ciliegio. Oggi si usa anche la ghisa e altri metalli. Lo stampo puoĢ€ essere anche composto da un unico pezzo troncoconico usualmente di bronzo e ottone. Il primo tipo di stampo conferisce all’oggetto una forma definitiva mentre il secondo tipo imprime un motivo decorativo sulla parte soffiata, che saraĢ€ successivamente modellata.

STAMPO

Utensile concavo, in ferro o, in antico, in bronzo, nel quale si soffia la péa (v.) che dilatandosi viene modellata. Vari sono i tipi di stampo usati; ricordiamo quello a coste o rigature verticali, quello a ballottoĢ€n (v.) quello a ā€œserciā€ o a cerchi orizzontali. Si dice stampo ā€œa fermoā€ quando, per il tipo di costolature interne, non eĢ€ possibile ā€œgirareā€ la péa nello stampo.

TÉMPERA

Termine muranese improprio per indicare la ā€œricotturaā€ del vetro o il forno dove avviene tale operazione.

VETRO A "CANNE"

E’ una variante, tutta muranese, delle murrine (v.). Invece di minuscoli tasselli in vetro si usano in questo caso delle ā€œcanneā€ sia cilindriche e massicce che piatte. Accostate tra di loro, con combinazioni coloristiche diverse, e successivamente fuse e soffiate onde ottenere un vaso, un’anfora, una coppa, sono di particolare pregiĢ€o e per l’effetto finale e per l’insita difficoltaĢ€ esecutiva.

VETRO A GHIACCIO o CRAQUELE

Decorazione consistente in un’apparente crepatura della parete dei soffiati, ottenuta immergendoli nel corso della lavorazione, ancora caldi, in acqua.

VETRO CRAQUELÉ

Effetto speciale sul vetro consistente in una apparente ā€œcrepaturaā€ della parete vitrea. E’ un procedimento similare al vetro ā€œa ghiaccioā€ (v.) e molto usato nell’Ottocento in Francia.

VETRO INCAMICIATO

Detto ancheā€ sommersoā€, eĢ€ una tecnica decorativa che permette di ottenere in uno stesso oggetto piuĢ€ strati sovrapposti, talvolta di colore diverso con suggestivi effetti cromatici. Il ā€œsommersoā€ ebbe grande fortuna negli anni Trenta. Si ottiene immergendo il vetro di colore diverso. Il ā€œvetro incamiciatoā€ ha di norma strati piuĢ€ sottili rispetto al ā€œsommersoā€. In Francia tale tecnica, detta ā€œdoubleĢ€ā€ (v.) o vetro raddoppiato, consentiva, con l’intaglio che raggiungeva il colore sottostante, effetti di notevole valore estetico.

VETRO "MURRINO" (mosaico a caldo)

Definizione impropria per descrivere una tipica lavorazione muranese risalente giĆ  alla vetraria classica Alessandrina. Consiste in una sorta di intarsio o di mosaico ā€œa caldoā€, cioĆØ pezzetti di vetro, spesso modellati ad hoc, e fusi in modo che i vari tasselli, fondendosi, si saldino tra loro. Una tipica variante della murrina ĆØ il ā€œmillefioriā€ (v.) altrimenti detto ā€œrosetteā€ (v.). Tecnica decorativa di particolare difficoltĆ , praticata in epoca romana e recuperata a Murano all’inizio dell’ottavo decennio del XIX secolo presso la vetreria Salviati da Vincenzo Moretti. Il vetro-mosaico a millefiori si ottiene giustapponendo sezioni di canne vitree, recanti un motivo decorativo policromo all’interno, per tutta la loro lunghezza, e saldandole insieme al calore del forno. Sembra provenga dal termine latino ā€œmurrhaā€ che stava ad indicare una pietra naturale misteriosa che emanava un soave profumo.

VETRO VENEZIANO

I suoi componenti sono essenzialmente il biossido di silicio come vetrificante e componente cristallina (costituita da sabbia di cava e in antico da ciottoli quarzo- si di fiume frantumati e polverizzati, i cd. ā€œcógoliā€ (v.) e come fondente (un tempo fornito da cenere di piante litoranee come il cd ā€œroĢ€scanoā€ (v.) e oggi mediante carbonato di sodio (ottenuto con il cd. processo Solvay) o carbonato di potassio. Viene usata anche la calce come ā€œstabilizzanteā€ oltre ad altre varie aggiunte di minerali vari con scopi ā€œcolorantiā€, ā€œdecolorantiā€ ā€œopacizzantiā€ e ā€œaffinantiā€ e altre sostanze ancora atte a conferire qualitaĢ€ particolari al vetro. Non eĢ€ qui luogo per una piuĢ€ completa descrizione dei componenti ma ricordiamo che il vetro veneziano eĢ€ un vetro ā€œlungoā€, cioeĢ€ permane in condizioni di lavorabilitaĢ€ per un discreto intervallo temporale prima di essere riportato a contatto col fuoco della fornace per un nuovo ā€œrammollimentoā€. CioĢ€ permette complesse manipolazioni, aggiunte di altro vetro, ā€œtagli a caldoā€, tipiche caratteristiche della tradizione vetraria veneziana.